Il 12 dicembre del 1969 fino alle 16.37 piazza Fontana a Milano era solo un posto abbastanza anonimo dove passavano i tram. Situata dietro il Duomo con ai lati la Banca Nazionale dell'Agricoltura e l'edificio dell'Arcivescovado e al centro qualche panchina. L'esplosione che trasformò un giorno d'inverno nel nostro primo 11 settembre (in seguito ne abbiamo avuti decine dall'Italicus alla strage di Capaci) sventrò la banca, uccise 17 persone e ne ferì in modo grave un centinaio. Fu un tentativo di colpo di Stato. Nessuno può rispondere con certezza se il tentativo riuscì oppure no. "La situazione che si era creata avrebbe dovuto portare a un colpo di Stato" ha dichiarato in seguito il giudice Gerardo D'Ambrosio che indagò sulla strage. Della stessa opinione fu Aldo Moro che quel giorno disse: "Siamo in guerra" e in seguito aggiunse: "Ci sono tanti modi di fare politica: e tra i tanti c'è anche quello delle bombe". L'allora presidente Saragat voleva proclamare "lo stato di pericolo pubblico" mai adottato nella storia repubblicana. Moro si oppose. Era un possibile "golpe alla greca" dei colonnelli con leggi eccezionali e l'eventuale ricorso a elezioni anticipate. Piazza Fontana è stato un attentato politico, la prova provata è che gli unici condannati sono stati alcuni ufficiali dei servizi segreti italiani. I segreti di Piazza Fontana, condivisi da una parte della classe politica e degli apparati dello Stato, hanno "contaminato" tutta la storia successiva del Paese. L'impunità dei mandanti "ha distrutto la fiducia nello Stato di un'intera generazione di cittadini", secondo le parole di Paolo Emilio Taviani, ministro democristiano dell'epoca.
Le indagini si bloccarono in sostanza nel 1974. Lo Stato impose il segreto politico-militare di fronte all'incriminazione dell'ammiraglio Eugenio Henke, capo del Servizio Informazioni Difesa (SID). Emilio Alessandrini, in seguito assassinato da Prima Linea, che indagava sull'attentato disse al collega D'Ambrosio: "Ci hanno tolto l'inchiesta, ma ci hanno salvato la vita".
Da allora in Italia operano due livelli. Quello dei cittadini normali e uno superiore che decide senza chiedere, che informa senza informare, che non si farà mai processare
"La storia di un Paese in cui è stato assassinato il più importante dirigente industriale, Enrico Mattei, il più importante uomo politico, Aldo Moro, l'uomo delle forze dell'ordine più rappresentativo, il generale Dalla Chiesa, uno dei giornalisti più capaci di penetrare le trame del potere, Mino Pecorelli, uno dei banchieri "cerniera" tra mondo laico e Vaticano, Roberto Calvi, in cui si è tentato di uccidere il papa più eminente del secolo scorso, Giovanni Paolo II - e c'è chi sospetta fortemente dell'uccisione del suo predecessore, Giovanni Paolo I. Come potranno i giovani trovare radici e alimento politico culturale e morale nella nostra memoria se certi suoi nodi irrisolti non vengono sciolti?" Paolo Cucchiarelli.
> Citazioni e riferimenti dal libro: "Il segreto di Piazza Fontana" di Paolo Cucchiarelli, edizioni Ponte alle Grazie