Strage di api: un rischio per tutta l'umanità
L'inarrestabile moria delle api segna un'emergenza planetaria. La profezia di Einstein rischia di avverarsi: no api, no vita
«Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra – diceva
Albert Einstein - all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita».
L'inquietante
profezia del grande fisico è in realtà il frutto di un lucido ragionamento: niente api, niente impollinazione; quindi niente piante; né animali erbivori. E quindi, niente più uomini.
Al di là del paradosso, la presenza degli industriosi insetti sul pianeta è fondamentale e il fatto che oggi
la popolazione totale delle api risulti dimezzata, sta diventando un'
emergenza planetaria.
Il misterioso fenomeno della
moria della api imperversa su scala mondiale, basti pensare che in
Italia - fa luce la Coldiretti - solo nel 2007 si è registrata la
perdita di 200mila alveari, mentre negli
Stati Uniti la situazione è ancora più drammatica: in alcuni territori gli alveari sono stati devastati, con
mortalità del 60-70%, tanto che è stata coniata la sindrome del
Colony Collapse Disorder, Sindrome dello spopolamento degli alveari.
"
Se avremo meno miele, utilizzeremo più zucchero", potrebbero pensare alcuni (con la stessa lungimiranza di Maria Antonietta che avrebbe detto, alla vigilia della rivoluzione: "Se popolo non ha pane, mangi brioches").
Non è così. La strage di api non mette a rischio il solo futuro dell’apicoltura, ma ha
ripercussioni su tutto il nostro comparto agricolo, dal momento che
oltre un terzo delle coltivazioni sono impollinate grazie al loro lavoro.
Mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e, colza - spiega la Coldiretti -
dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti, come pure la grande maggioranza delle colture orticole da seme, come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla, si può riprodurre grazie alle api. Ma le api sono utili anche per la
produzione di carne con l’azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere, come l’erba medica ed il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento.
In Italia, la perdita degli alveari, lo scorso anno, ha provocato un danno economico per la mancata impollinazione
pari a 250 milioni di Euro.
L'amarezza dei conti lascia il posto a un interrogativo inquietante:
che cosa sta uccidendo le api?Un apicoltore spiega «Non troviamo api morte negli alveari. Le nostre api scompaiono senza lasciar traccia. Sicché è difficile capire la causa della catastrofe».
Tra le ipotesi fatte, oltre a
virus e a parassiti, spesso frutto di introduzioni di specie da altri paesi, vi è chi attribuisce la responsabilità della strage ai troppi
pesticidi sparsi sulle coltivazioni; altri puntano il dito sulle sementi geneticamente modificate (
Ogm); per altri ancora sarebbero le
onde elettromagnetiche attivate dalla telefonia cellulare, responsabili delle difficoltà che le api incontrano nel ritornare al proprio alveare.
Ma l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat) lancia l’allarme sulla presenza di un nuovo nemico delle api da non sottovalutare: «
il ruolo del clima, perché un suo andamento irregolare può interrompere il flusso normale di nutrienti che sono necessari alle api per la loro crescita e sviluppo, indebolendo le difese dell’alveare».
(L.F.)